INSURREZIONE POPOLARE AD HAITI

INSURREZIONE POPOLARE AD HAITI

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Versión en castellano L’annuncio dell’aumento dei prezzi del carburante e del cherosene venerdì a Port-au-Prince, la capitale di Haiti, ha scatenato un’insurrezione di massa. Il governo aveva annunciato l’entrata in vigore di una tariffa del 37 per cento per la benzina, del 40 per cento per il gasolio e di oltre il 50 per cento per il cherosene (comunemente usato per illuminare e riscaldare le case). Le misure facevano parte di un pacchetto di “aggiustamenti” firmato dal governo lo scorso febbraio con il Fondo monetario internazionale (FMI).

La polizia nazionale è stata completamente sopraffatta dall’ampiezza della rivolta. Un poliziotto è stato linciato e una guardia di sicurezza è stata bruciata a morte all’interno del suo veicolo. Incendi di veicoli, barricate e saccheggi si sono diffusi rapidamente in tutta la capitale e in diverse parti del paese. 

Anche se sabato il presidente e il primo ministro hanno annunciato che avrebbero fatto un passo indietro rispetti agli aumenti, le proteste sono continuate. Domenica hanno raggiunto le città di Cap-Haitien (nord), Les Cayes (sud) e Malpasse (sud-est), al confine con la Repubblica Dominicana, dove gli uffici doganali sono stati incendiati. Lunedì e martedì i sindacati di trasportatori hanno indetto uno sciopero che ha paralizzato le principali città.

Rabbia

Le brutali condizioni di miseria e di arretratezza a cui sono sottoposte le masse haitiane sono senza precedenti. Secondo i dati dell’ONU, oltre l’80% della popolazione sopravvive con meno di 2 dollari al giorno e il 63% non è in grado di soddisfare il proprio fabbisogno alimentare di base. Secondo le statistiche della Banca Mondiale, solo il 2% della popolazione guadagna più di 10 dollari al giorno.

L’estrema precarietà delle infrastrutture rende Haiti una nazione estremamente vulnerabile alle calamità naturali. Il terremoto del 2010 ha mietuto 300.000 vittime, il passaggio dell’uragano Mattew quasi 1.000. Tuttavia, la vicina Repubblica Dominicana, sulla stessa isola, che ha quasi la stessa popolazione (10 milioni di abitanti), non ha registrato alcun decesso a seguito del terremoto e, sebbene abbia sofferto del passaggio di Mattew in misura minore, ha registrato solo quattro morti.

Tale situazione sociale è una pentola a pressione. Nel 2004, dopo il colpo di stato perpetrato contro il governo di Jean-Bertrand Aristide (detto “populista”), si è formata la Minustah, una forza militare guidata dalle truppe del Brasile (Lula) e dell’Argentina (Néstor Kirchner) con la collaborazione di tutti i paesi dell’America Latina, ad eccezione del Venezuela e di Cuba, e anche con la partecipazione della Cina. Questa forza di occupazione è stata finanziata dalle Nazioni Unite, ossia dalle potenze imperialiste. La “missione di pace” divenne rapidamente il centro della rabbia popolare e del ripudio internazionale. Il Minustah è stato coinvolto in abusi di ogni tipo, tra cui scandali di sfruttamento sessuale dei bambini, ed è stato responsabile di un’epidemia di colera che ha colpito 800.000 haitiani e causato 10.000 morti. Questa esperienza di orrori ha portato al suicidio di un generale dell’esercito brasiliano.

Super sfruttamento capitalista

Haiti non è solo un paradiso di super sfruttamento capitalista, concentrato in un piccolo nucleo di esportatori. Il terremoto del 2010 è stato l’occasione per dare impulso ai grandi negoziati per la “ricostruzione”. La stessa cosa è successa in Iraq ed è ciò che è in agenda riguardo la ‘normalizzazione politica in Siria’. L’“aiuto umanitario” è stato l’occasione di giganteschi atti di corruzione e di riciclaggio di denaro. Hanno coinvolto grandi gruppi multinazionali, la Croce Rossa Internazionale e gli “architetti” del progetto - la coppia Clinton. Ci sono voluti anni per rimuovere le macerie e migliaia di persone che hanno perso le loro case durante il terremoto vivono ancora nei campi profughi. Una parte significativa dei fondi per la “ricostruzione” era destinata alla costruzione di nuovi alberghi di lusso per il turismo e di zone di trasformazione per l’esportazione in condizioni di lavoro vicine alla schiavitù. I 30.000 lavoratori - quasi due terzi dei quali donne - degli stabilimenti che operano nelle zone di libero scambio si dedicano principalmente alla produzione di abbigliamento per aziende come GAP, Levi’s e Walmart. Le leggi che regolano le condizioni di lavoro non vengono rispettate, le giornate di lavoro sono estenuanti e persino il misero salario minimo di 4,84 dollari al giorno stabilito dalla legge non viene rispettato.

D’altro canto, lo sfruttamento delle risorse naturali non è regolamentato. La deforestazione è ormai quasi completa (si stima che rimanga solo il 2% della superficie forestale originaria). Il governo ha ora concesso grandi esenzioni fiscali alle società minerarie per l’estrazione a cielo aperto. Le risorse minerarie di Haiti sono state stimate a 20 miliardi di dollari. Gli investitori statunitensi e canadesi hanno speso più di 30 milioni di dollari negli ultimi anni per la trivellazione esplorativa e altre attività legate alle miniere.

Migliaia di haitiani sono emigrati negli Stati Uniti e in altri paesi, dove fungono da riserva di manodopera precaria. Ciò non impedisce che le rimesse inviate dagli haitiani all’estero verso il loro paese rappresentino il 22,4% del loro bassissimo PIL. Sogebank, una delle maggiori banche, opera come agente locale di Western Union e monopolizza il mercato formale delle rimesse, con commissioni abusive.

Ovviamente, c’è ancora un diffuso impiego di bambini nei servizi domestici, i cosiddetti “restavèks”, per lo più ragazze. Sebbene non esistano stime precise, alcuni stimano che lavorino come restavèks tra 225.000 e 300.000 bambini. Spesso questi bambini non sono retribuiti e, naturalmente, non hanno accesso all’istruzione. Sono vittime di abusi fisici o sessuali. Inoltre, molti bambini sono vittime della tratta di esseri umani o sono utilizzati per il traffico di armi o di droga. L’attuale governo si è insediato dopo un processo elettorale altamente fraudolento, rinviato di due anni e al quale ha partecipato solo il 20 per cento della popolazione. Tra gli altri impegni internazionali, si è impegnata a ricostruire l’esercito nazionale per consentire la partenza di truppe straniere il cui finanziamento è stimato in miliardi di dollari.  In questo contesto, il Minustah è stato sostituito da una nuova forza militare dell’ONU, il MINUSTJUTH, una forza più piccola con la quale collabora anche la Gendarmeria argentina. 

La questione della direzione politica

Secondo la valutazione dei giornalisti sul campo, l’insurrezione non è coordinata e manca di una direzione politica. È stata preceduta, tuttavia, da uno sciopero generale lanciato dai sindacati, ma ovviamente senza una direzione strategica. Questo significa, prima di tutto, che il “populismo” haitiano, storicamente molto forte tra le masse, non ha sviluppato alcun lavoro di preparazione politica ed è assente dalla rivolta, come tendenza politica. È probabile che sia convocato dall’imperialismo per deviare il movimento popolare verso “canali istituzionali”, come lo è stato in passato, quando la dittatura di Duvalier, padre e figlio, si stava 1 disgregando. Ciò è accaduto ripetutamente in America latina. Le masse haitiane sono escluse dall’istruzione formale, ma non per questo sono meno politicizzate. Aristide, che miseramente fallì dopo aver agito come cinghia di trasmissione per il Partito Democratico degli Stati Uniti e la famiglia Clinton, fu portato al governo per porre fine alle insurrezioni di vent’anni fa.  L’anno scorso i sindacati hanno dichiarato uno sciopero generale, senza che la stampa internazionale prestasse alcuna attenzione, per chiedere un aumento del salario minimo. D’altra parte, si è aperto un “vuoto” nel governo, il cui ministro delle comunicazioni ha negato al presidente di riportare le tariffe al loro livello precedente.  

La crisi di leadership dell’insurrezione haitiana riporta all’ordine del giorno la responsabilità politica dell’insieme della sinistra di classe e di tutto l’attivismo combattivo in America Latina. Un fronte unico su scala continentale è necessario per sostenere le insurrezioni (Haiti), le rivolte popolari (Nicaragua), la necessità di una via d’uscita dei lavoratori dal collasso sociale (Venezuela) e le crisi globali di tutti i regimi politici dell’America Latina, nella prospettiva strategica di un governo dei lavoratori e dell’unità socialista dell’America Latina. L’intervento nella crisi generale dei regimi politici padronali ‘neoliberali’ e “populisti “in America Latina, e nelle lotte dei lavoratori e dei contadini, è chiaramente all’ordine del giorno. La crisi mondiale, da un lato, e la mobilitazione popolare, dall’altro, hanno aperto prospettive rivoluzionarie che devono essere preparate politicamente. L’attuale governo di Haiti è il risultato di elezioni fraudolente, in cui ha vinto un quarto dei voti. 

Di fronte a questo crollo rivendichiamo: governi dei lavoratori e dei contadini Unità socialista dell’America Latina.  Ad Haiti, in particolare, rivendichiamo il ritiro immediato del MINUSTJUTH. Cacciare le truppe argentine da Haiti. Confisca delle grandi aziende agricole, dei monopoli di esportazione e delle banche. Per il controllo e la gestione operaia collettiva.

Trasformare lo sciopero generale in uno sciopero a tempo indeterminato. Elezione di un comitato nazionale di sciopero. Formazione delle milizie operaie e contadine.

Jorge Altamira - Martín Sánchez