ITALIA : UN ALTRO BUCO NELLA UNIONE EUROPEA

ITALIA : UN ALTRO BUCO NELLA UNIONE EUROPEA

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Alla vigilia delle elezioni che si sono svolte ieri in Italia (domenica 4 marzo, N.d.T.), l’aspettativa che i risultati non avrebbero affossato ancora di più l’Unione Europea in un’altra delle crisi che la stanno affondando inesorabilmente, si basava sulla possibilità della comparsa dalle urne di un governo di coalizione tra il Partito Democratico al governo e Forza Italia di Silvio Berlusconi all’opposizione. Il PD è nato dall’unione del Partito Comunista e di una frazione liberale della Dc, negli anni ‘90. È stato una versione fantasmagorica del disegno strategico (Compromesso storico), con il quale lo stalinismo pretendeva di andare al governo attraverso un’intesa con il Vaticano. Più prosaicamente, è stato un tentativo di concedere l’amnistia ai politici clericali con un pesante fardello di corruzione, dopo tre decenni di governo ininterrotto, e di cooptare la burocrazia operaia nello Stato borghese. La truppa che è stata lasciata fuori da questo riciclo è stata assorbita dal magnate dei media Silvio Berlusconi.

La gestione dell’Italia, negli ultimi trent’anni, è stata responsabilità , in alternativa, dell’uno e dell’altro. Il governo che è stato spazzato via domenica è diventato uno spettro di quella rotazione, perché è nato da un’alleanza tra il PD e una frazione che ha rotto con Forza Italia; ha subito diversi successivi colpi di palazzo; ha consacrato un primo ministro “rinnovatore”, Matteo Renzi, senza passare attraverso le elezioni, e alla fine è caduto quando il “rinnovatore” ha cercato di perpetuarsi attraverso un referendum. Gli unti per salvare l’Italia da una crisi che la porterebbe fuori dall’UE sono rimasti, tuttavia, al terzo e al quarto posto in una competizione tra quattro forze maggioritarie - con il 18 e il 14 per cento dei voti. Il crollo del PD è stato descritto come “catastrofico” dalla stampa europea. Il primo posto è stato per l’euroscettico 5 stelle e il secondo per il nazionalismo reazionario - la Lega. Come conseguenza, l’Italia ha raggiunto il gruppo di paesi che pongono in questione, in un modo o nell’altro, la continuità della UE, dal Brexit ai governi nazionalisti in Europa orientale, fino alla destra nazionalista in Francia, Germania e Austria.

L’ascesa spettacolare dei 5 Stelle, un “partito anti-sistema ‘senza principi esprime l’enorme voto di ripudio degli elettori italiani verso le forze tradizionali, che nessuna forza di sinistra e delle direzioni operaie è stato in grado di catturare. Potere al Popolo, una coalizione guidata da Rifondazione Comunista, è stata relegata alla marginalità. La RC era sorta in risposta allo scioglimento del partito comunista. Il fallimento è comprensibile: Rifondazione Comunista è entrata nel governo del PD e ha attuato la sua politica antioperaia. Potere al Popolo giustifica la politica antioperaia, militarista e pro-Nato del governo greco di Syriza, con cui integra un blocco nell’Europarlamento. Per Potere al Popolo, la svolta a destra di Syriza costituisce un “sacrificio obbligatorio” della sua leadership per mantenere la sinistra al governo. L’illustre tradizione dell’Italia ha subito le devastazioni della sua sinistra ‘anticapitalista’. La leadership del Nuovo Partito Anticapitalista di Francia gli ha dato il suo totale e inutile pieno sostegno.

L’Italia è “il malato d’Europa”, con una crescita pari a zero nell’ultimo decennio, che contrasta con il quasi 30% in Germania o il 14% di media nell’UE, il che dà, comunque, meno del 2% annuo. La disoccupazione media è del 12%, tra i giovani raggiunge il 34%. Ha il più alto debito pubblico in Europa – due mila miliardi e mezzo di euro, che paga un tasso di interesse più alto rispetto ai suoi concorrenti. Alimenta le banche con pagamenti annuali di 350 miliardi di euro, anche se un terzo dei creditori è straniero. Per salvare una parte delle sue banche dalla bancarotta, è stato costretto a violare la nuova legge sui fallimenti dell’Unione Europea. Il ricorso a questo misura di emergenza l’ha messa in conflitto con l’intenzione della Commissione Europea di sviluppare una “unione bancaria” e quindi con un piede fuori dalla Banca Centrale Europea. Gli euroscettici e i nazionalisti che hanno affrontato nei dibattiti affrontano questa crisi con la proposta di indire un referendum per uscire dall’euro e, potenzialmente, dall’UE.

Come accadde in Gran Bretagna, una delle più importanti leve elettorali dei partiti xenofobi, è stata incolpare l’immigrazione per la rovina sociale dell’Italia. La proposta, fuori luogo in relazione alla natura e alla causa della crisi, anticipa il pronostico che fallirà miseramente se raggiungerà il governo. Per attaccare l’immigrazione, la democrazia italiana, molto prima dei fascisti, ha imposto il diritto al pattugliamento aereo della Libia e all’ingerenza nella sua politica interna e di sicurezza, ossia a ripristinare una politica coloniale e militarista. Ma è stata, proprio la riconversione della Libia in una colonia degli stati imperialisti, attraverso bombardamenti e invasioni e la distruzione del suo governo e l’assassinio dei suoi leader, che ha scatenato la cosiddetta “crisi migratoria”. La crisi politica dell’Italia, così come quella dei Balcani, dell’Europa orientale e dell’area euro mediterranea, acutizza e aggrava la catastrofica crisi politica nel Medio Oriente nel suo complesso - e prima di tutto in Turchia, la prima tappa nella fuga delle popolazioni colpite dalle guerre manipolate dall’imperialismo.

Nel mezzo della crisi che sta attraversando la Brexit e le rappresaglie commerciali annunciate da Trump, gli osservatori temono che il risultato elettorale scateni una fuga di capitali in Italia e la conseguente crisi bancaria. Negli ultimi giorni c’è stata una crisi di liquidità in Europa (finanziamento a breve termine), che ha portato ad un aumento significativo del tasso di interesse di riferimento, il Libor, che ha reso più costoso il rifinanziamento delle società con debiti elevati. L’economia e la politica in Europa sono estremamente precarie.

Stiamo assistendo a una svolta politica a destra nel bel mezzo di un’enorme crisi sociale e di un esaurimento delle relazioni economiche dell’Italia con il mercato mondiale. Il margine di sfruttamento dello sciovinismo anti-immigrazione come canale per la deviazione dalla pressione delle masse è estremamente limitato. Un’uscita da destra richiede un cambio di regime politico e questo cambio di regime è condizionato dalla capacità di offrire un programma d’insieme. Questi requisiti non sono soddisfatti in Italia, che dipende soprattutto dalla Germania. L’Europa, nel suo insieme, è entrata in un periodo di grandi crisi, dove le forze in presenza, e in particolare la sua potente classe operaia, saranno messe alla prova. In Francia e Germania si profilano e si annunciano persino lotte strategiche (Macron vuole privatizzare il sistema ferroviario francese). Ciò che è diventato chiaro è che il “populismo anticapitalista” e i partiti “larghi” o “plurali” non sono strumenti di chiarificazione, di organizzazione né di lotta.

nota publicada en: https://prensaobrera.com/politicas/41371-